Passaggio generazionale e patti di famiglia

Il patto di famiglia non trova sempre la fiscalità agevolata, ma richiede che i beneficiari proseguano l’esercizio dell’attività d’impresa o detengano il controllo per un periodo non inferiore a 5 anni dalla data del trasferimento.

Nella vita di qualsiasi impresa, come del resto di ogni individuo, si assiste a un ciclo. Qualora al termine dell’attività non vi sia una operazione straordinaria (cessione, fusione, ecc.), si ha giocoforza la liquidazione con il dissolvimento dell’azienda (art. 2555 c.c.). In relazione a ciò e per preservare il “sistema azienda”, la Commissione UE, con le raccomandazioni nn. 94/1069/CE e 98/C 93/02 invitava gli Stati UE a introdurre disposizioni finalizzate a salvaguardare la continuità aziendale (cd. going concern). Lo scopo era (ed è) quello di evitare per tempo fenomeni disgregativi delle aziende per le quali, in conseguenza di ipotesi successorie, gli eredi, per motivi diversi (incapacità, liti, rivendicazioni, ecc..) non erano in grado di proseguire l’attività del dante causa.

Ecco, dunque, che la L. 14.02.2006, n. 55 ha introdotto un corpo di disposizioni novellando il Codice Civile con gli artt. da 768-bis a 768-octies, Capo V-bis.
L’art. 768-bis statuisce che “È patto di famiglia il contratto con cui compatibilmente con le disposizioni in materia di impresa familiare e nel rispetto delle differenti tipologie societarie, l’imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l’azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti“. Inoltre (art. 768-ter) a pena di nullità il contratto deve essere concluso per atto pubblico e (art. 768-quater) al contratto devono partecipare anche il coniuge e tutti coloro che sarebbero legittimari ove in quel momento si aprisse la successione nel patrimonio dell’imprenditore.
Si tratta di un contratto plurilaterale inter vivos, che dà la possibilità all’imprenditore di definire ex ante le regole sulla base delle quali gestire il trasferimento dell’impresa (rectius, azienda o partecipazioni societarie), preservandola da eventuali conflitti tra soci e/o eredi. In particolare, possono essere oggetto del contratto:

  • aziende appartenenti a imprenditori individuali;
  • aziende gestite in imprese familiari;
  • partecipazioni in società di capitali (Spa, Sapa e Srl);
  • partecipazioni in società di persone (Snc e Sas).


Richiamato brevemente il patto di famiglia dal lato civilistico, le disposizioni vigenti in materia di fiscalità indiretta prevedono un’esenzione dell’atto pubblico. L’art. 3, c. 4-ter D.Lgs. 31.10.1990, n. 346 precisa che sono esenti dall’ imposta sulle successioni e donazioni i trasferimenti a favore dei discendenti e del coniuge (fermo restando che quest’ultimo non può essere beneficiario) di aziende o rami di esse e di quote sociali e di azioni; in caso di quote sociali e azioni di soggetti di cui all’art. 73, c. 1, lett. a), del Tuir, il beneficio spetta limitatamente alle partecipazioni mediante le quali è acquisito o integrato il controllo ai sensi dell’art. 2359, c. 1, n. 1) c.c.
Il beneficio si applica a condizione che gli aventi causa proseguano l’esercizio dell’attività d’impresa o detengano il controllo per un periodo non inferiore a 5 anni dalla data del trasferimento. Il mancato rispetto della condizione comporta la decadenza dal beneficio, con il conseguente pagamento dell’imposta in misura ordinaria, dei relativi interessi e della sanzione ex art. 13 D.Lgs. 471/1997.
Sul punto, merita segnalare che la Corte di Cassazione, con la sentenza 28.02.2023, n. 6082, ha stabilito che l’esenzione dall’imposta di successione e donazione per il trasferimento di quote di partecipazione in società non trova applicazione alle quote di società immobiliari che non esercitano attività d’impresa (caso tipico delle c.d. immobiliari di gestione).
Secondo i giudici, tale beneficio spetta solo se consente al beneficiario di integrare o acquisire il controllo sociale ai sensi dell’art. 2359, c. 1, n. 1 citato e a condizione che i beneficiari proseguano l’esercizio dell’attività d’impresa o detengano il controllo per un periodo non inferiore a 5 anni dalla data del trasferimento, rendendo, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all’atto di donazione, apposita dichiarazione in tal senso. In conclusione, secondo tale linea di interpretazione, l’agevolazione deve essere riconosciuta esclusivamente ai trasferimenti di partecipazioni in società di capitali che consentono all’avente causa di acquisire o integrare il controllo di una società che svolge effettivamente un’attività d’impresa.

Alessandro Pescari

Fonte: RatioQuotidiano | 22.02.2024

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