Crowdfunding: operativo il nuovo regolamento europeo

Più alternative per l’accesso al credito da parte delle PMI.

Il Regolamento Ue 2020/1503 in vigore dall’11.11.2023, prevede modifiche significative per i fornitori di servizi di crowdfunding quali imprese autorizzate a operare nel territorio domestico che, reciprocamente, potranno operare anche in Europa.

Come noto, il crowdfunding può contribuire a fornire alle PMI l’accesso al credito e a completare l’Unione dei mercati dei capitali. Il crowdfunding, nel tempo, attraverso le piattaforme digitalizzate, è cresciuto in termini di operatività per finanziare attività commerciali di persone fisiche e giuridiche. Oltre a costituire una fonte alternativa di finanziamento, anche quale capitale di rischio (equity), il crowdfunding è in grado di offrire alle imprese altri vantaggi. Può rappresentare una validazione per un’idea imprenditoriale, permette agli imprenditori di entrare in contatto con un gran numero di persone che forniscono elementi e informazioni e può essere uno strumento di marketing.

Per tali ragioni si ritiene interessante sintetizzare il quadro regolamentare dei soggetti che operano in servizi di crowdfunding autorizzati, in modo tale che le PMI in particolare possano ricorrere anche a tali fonti di finanziamento, peraltro in un periodo nel quale l’accesso al credito è divenuto più difficile.
I servizi di crowdfunding possono essere forniti solo da persone giuridiche stabilite nell’Unione e autorizzate come fornitori di servizi di crowdfunding; nel nostro Paese questi soggiacciono alla regolamentazione da parte di Consob (ultima Delibera 1.06.2023, n. 22720) oltre che agli Orientamenti di vigilanza della Banca d’Italia.
Tra le novità, gli operatori del settore ritengono importante l’apertura ad una serie di strumenti finanziari che le società possono emettere. Tra questi, si annotano, obbligazioni convertibili o strumenti finanziari partecipativi, che vengono già utilizzati nel mondo del venture capital.
Inoltre, è stato modificato il modo in cui si verifica se un investitore può essere considerato “sofisticato” (es. enti creditizi, imprese di investimento, fondi di investimento, imprese di assicurazione) o “non sofisticato”. In base a questo, si decide la possibilità di accesso o meno ai diversi strumenti e/o viene limitata la capacità di fare investimenti in termini di ammontare degli importi.
Inoltre, per proteggere la posizione degli investitori non “professionali”, sono previsti:

  1. test d’ingresso di verifica delle conoscenze (e simulazione della capacità di sostenere perdite);
  2. sistema di alert nel caso di investimenti oltre una certa soglia;
  3. periodo di riflessione precontrattuale.

Dal lato delle offerte è stato eliminato il vincolo che almeno il 5% doveva essere coperto da investitori professionali che causava talvolta più complessa la procedura di validazione e, quindi, meno agevole la raccolta dei fondi stessi.
Infine, da segnalare, il ritorno a un limite massimo di raccolta per anno per ogni emittente, che in Italia era di 8 milioni di euro, mentre il Regolamento europeo lo riporta a 5 milioni.
Di conseguenza dall’11.11.2023 possono operare in Italia esclusivamente i fornitori di servizi di crowdfunding che abbiano ottenuto l’autorizzazione ai sensi del Regolamento (Ue) 2020/1503, e che, come tali, sono iscritti nell’apposito Registro dei fornitori di servizi di crowdfunding tenuto dall’Esma (art. 14 del Regolamento). Il Registro è disponibile al seguente link .
A partire dalla medesima data, la disciplina nazionale (art. 50 quinquies del Tuf) non è più applicabile.

Alessandro Pescari

Fonte: RatioQuotidiano | 29.11.2023

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