Ricerca e sviluppo con il bollino

La possibile certificazione degli investimenti per evitare il contenzioso con l’Amministrazione Finanziaria.

Le agevolazioni in materia di R&S, dall’introduzione del 2013 (c.d. Piano Calenda) hanno subito molteplici modifiche, l’ultima delle quali a opera dell’art. 23 D.L. 73/2022.
Nel decennio trascorso si annotano variazioni di rilievo, in particolare quelle derivanti dalle leggi di Bilancio 2020, 2021 e 2022, rispettivamente art. 1, cc. 198-209 L. 160/2019; art. 1, c. 1064 L. 178/2020 e art. 1, c. 45 L. 234/2021. Ebbene, l’originario credito d’imposta per la ricerca e lo sviluppo in ambito di impresa ha trovato diverse declinazioni. In sintesi, appare opportuno ricordare che le attività agevolabili ancora oggi risultano essere:

  • ricerca e sviluppo (c. 200) per investimenti fino al 2031;
  • innovazione tecnologica (c. 201) per investimenti fino al 2025;
  • design e innovazione estetica (c. 202) per investimenti fino al 2025;
  • innovazione tecnologica con obiettivi di transizione ecologica / digitale 4.0 (c. 203) per investimenti fino al 2025.


Nel frattempo, anche a seguito di disposizioni non sempre chiare e di interpretazioni non allineate tra Agenzia delle Entrate e Mise, si è prodotto un notevole contenzioso sulla genuinità e, quindi, sulla spettanza del credito d’imposta in materia di R&S.

A seguito di ciò, il legislatore è intervenuto con una “sanatoria” (art. 5, cc. 7-12 D.L. 146/2021), mediante la quale possono essere regolarizzati, senza sanzioni e interessi, gli indebiti utilizzi in compensazione del credito di imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo di cui all’art. 3 D.L. 145/2013, maturato in uno o più periodi di imposta successivi a quello in corso al 31.12.2014 e fino al 31.12.2019.
La procedura prevede la presentazione di apposita richiesta entro il 30.09.2022, con modalità telematiche attraverso i canali dell’Agenzia delle Entrate; l’importo della regolarizzazione in oggetto deve essere riversato entro il 16.12.2022 in unica soluzione, oppure in 3 rate annuali di pari importo, da corrispondere entro il 16.12.2022, 16.12.2023 e 16.12.2024, senza compensazione.

Nel “puzzle” mancava un “visto di conformità”, piuttosto che una “bollinatura” di un esperto del settore. Ecco, quindi, che l’art. 23 D.L. 73/2022 (“decreto Semplificazioni“) prevede che le imprese che vogliano avere maggiori certezze nella spettanza dei crediti d’imposta sopra richiamati, potranno richiedere la certificazione degli investimenti effettuati a soggetti pubblici o privati, iscritti in apposito albo, i quali dovranno osservare le linee guida che saranno predisposte dal Ministero dello Sviluppo Economico.
Il citato Albo dei certificatori sarà tenuto dal MISE e a tal fine dovrà essere emanato un Dpcm su proposta del predetto dicastero e del MEF. Tale atto normativo, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto (22.06.2022), dovrà fissare anche i requisiti dei soggetti pubblici o privati abilitati al rilascio della certificazione, fra i quali quelli idonei a garantire professionalità, onorabilità e imparzialità. Con il medesimo decreto sono stabilite le modalità di vigilanza sulle attività esercitate dai certificatori, le modalità e le condizioni della richiesta della certificazione, nonché i relativi oneri a carico dei richiedenti, parametrati ai costi della procedura.
Infine, il comma 4 dell’art. 23 in rassegna prevede che, ferme restando le attività di controllo previste dall’art. 1, c. 207 L. 160/2019, la certificazione esplica effetti vincolanti nei confronti dell’Amministrazione Finanziaria, tranne nel caso in cui, sulla base di una non corretta rappresentazione dei fatti, la certificazione venga rilasciata per un’attività diversa da quella concretamente realizzata. Fatto salvo quanto previsto nel primo periodo, gli atti, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio, difformi da quanto attestato nelle certificazioni sono nulli.

Alessandro Pescari

Fonte: RatioQuotidiano | 06.07.2022

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