Mismatch del lavoro e fenomeni contrastanti

Le indicazioni e le prospettive del mercato del lavoro domestico.

È notizia di questi giorni che il mercato del lavoro domestico registra un’inversione di tendenza nel numero degli occupati e, quindi, un calo significativo della disoccupazione. Del pari una recente indagine Unioncamere-Anpal stima un fabbisogno di personale tra 1,3 e 1,7 milioni di nuovi posti di lavoro, nel periodo 2022-2026, in particolare per profili sempre più difficili da reperire.

Nello scenario di cui sopra, anche incomprensibilmente, si annota il c.d. fenomeno delle “grandi dimissioni che vede non solo il nostro Paese interessato, ma tutto l’occidente. È indubbio che siamo in presenza di una vera e propria disruption anche in ambito lavorativo e che tale aspetto è da annoverare quale riflesso di una serie di comportamenti/difficoltà che si sono registrati vieppiù in questi ultimi anni nei posti di lavoro ove il personale addetto non ha più trovato gratificazioni e/o motivi tali per proseguire nelle mansioni svolte.
Inoltre, uno dei fattori più critici è quello del c.d. mismatch tra domanda e offerta di lavoro. Nel recente passato, sovente, si è registrato, da un lato, l’aumentare della disoccupazione e, dall’altro, il numero dei posti vacanti.

Infatti, l’accelerazione registrata negli ultimi anni da parte delle imprese nell’innovazione di prodotto e/o di processo, portate avanti anche grazie al pacchetto “industria 4.0”, successivamente declinato in “impresa 4.0” e da ultimo nel “piano nazionale transizione 4.0”, non ha trovato il sistema formativo in grado di sostenere il cambiamento in atto.
È qui che il capitale umano non è stato sufficientemente supportato nell’affinare quelle skill necessarie al sistema imprenditoriale italiano, principalmente votato al manifatturiero. Per questi motivi, ci sono molte imprese alla ricerca di personale, in particolare di professionalità tecniche (elettrotecnici, installatori e manutentori di apparecchiature, meccanici,
saldatori tecnici programmatori, ecc.), non reperibile.

Una delle critiche che si rilevano maggiormente tra gli esperti di lavoro è quella che non si è puntato a investire nell’alternanza scuola-lavoro (oggi PCTO – Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento) e nel susseguente orientamento dei giovani.
Se da un lato ciò è innegabile, va anche rilevato che le diverse riforme degli anni passati non hanno trovato quel consenso auspicato anche negli attori principali (imprese e professioni) che attraverso il sistema dell’istruzione (università e istituti secondari) non sono riusciti a creare dei “laboratori formativi” che stimolassero i giovani e non solo in percorsi di aggiornamento/upgrade delle competenze utili al sistema produttivo.
Sul punto non va altresì dimenticato che nel 2018 sono stati istituiti con partenariati pubblico-privati i competence center e i digital innovation hub. Il compito di tali “centri di eccellezza” era ed è quello di svolgere attività di orientamento e formazione alle imprese su tematiche o nell’attuazione di progetti di innovazione, ricerca industriale e sviluppo sperimentale finalizzati alla realizzazione, da parte delle imprese fruitrici, in particolare delle Pmi, di nuovi prodotti, processi o servizi, per i quali parallelamente sarebbe stato necessario istituire una formazione ad hoc degli addetti chiamati a scaricare a terra le citate attività.
Infine, su questi temi anche il sistema dei fondi interprofessionali non sembra che abbiano apportato elementi di novità e/o contribuito in modo vantaggioso ad organizzare una formazione al passo dei tempi.

Alessandro Pescari

Fonte: RatioQuotidiano | 11.05.2022

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