Bonus ricapitalizzazioni, proposta di buon senso

L’indebitamento a cui sono ricorse moltissime imprese, in particolare nel
periodo dell’emergenza sanitaria, deve trovare una soluzione straordinaria
.

Di recente, il Governatore della Banca d’Italia ci ha ricordato che le imprese
sono poco capitalizzate e vivono (in larga parte) del fatturato, ma anche e molto dell’indebitamento. Bisogna dunque spostare l’attenzione sulla patrimonializzazione e questo può essere fatto anche con un incentivo pubblico. Anzi, il contributo pubblico è da ritenere essenziale affinché le imprese e più segnatamente le micro-piccole, abbiano lo slancio per resistere a una caduta inaspettata e impressionante degli affari, con la possibilità di agganciare una ripresa nei prossimi mesi.
Andando per ordine, si stimano 460.000 piccole imprese (con meno di 10 addetti e con un fatturato sotto i 500.000 Euro) a rischio di chiusura a causa del Covid-19 (2° Barometro Censis-Commercialisti sull’andamento dell’economia italiana). La capacità di autofinanziamento (rapporto tra risparmio lordo e valore aggiunto) è a sua volta diminuita. Nel 2° trimestre del 2020 il debito complessivo delle imprese in percentuale del PIL è salito al 73%, tenuto conto anche delle misure di sostegno finora introdotte tra moratorie e nuova finanza (Bollettino Economico n. 4-2020, Banca d’Italia). Al riguardo l’ABI ha segnalato che al 28.10, i finanziamenti richiesti dalle banche al Fondo di Garanzia hanno superato i 97 miliardi di Euro per 1.206.000 domande, di cui 960.000 fino a 30.000 Euro, per 18,8 miliardi di Euro. Parallelamente crescono anche i prestiti con garanzia Sace e le moratorie che hanno superato i 300 miliardi di Euro.
Stante il quadro qui riassunto, ossia la crescente esposizione debitoria di molte imprese, e al fine di evitare una (facile) ricaduta sul sistema bancario con tutto ciò che ne consegue, il Cndcec ha presentato la proposta per lanciare un “superbonus della ricapitalizzazione delle imprese”. Si tratta di un incentivo che potrebbe rafforzare la solidità delle imprese e la loro capacità di rimborso dell’indebitamento, evitando peraltro allo Stato di intervenire ulteriormente al soddisfacimento delle garanzie che verrebbero attivate dalle banche qualora le imprese debitrici non fossero in grado di onorare i debiti contratti.
Il meccanismo ideato, di semplice attuazione, prevede che per ogni Euro di aumento di capitale viene riconosciuto un Euro di contributo pubblico nella forma di credito d’imposta cedibile anche a terzi. Per evitare effetti distorti, sono previste limitazioni specifiche in particolare nei cosiddetti gruppi di imprese.
Inoltre, tale piano dovrebbe essere rivolto essenzialmente alle imprese che nel 2020 rispetto all’esercizio precedente hanno un calo di fatturato significativo e un aumento del rapporto capitale di debito / mezzi propri superiore a una determinata soglia.
Sarebbe il modo migliore di investire una parte cospicua delle sovvenzioni a fondo perduto UE, hanno concluso gli esponenti del Cndcec in audizione parlamentare sul Decreto Ristori, nei giorni scorsi in Commissione Finanze del Senato: in questo modo, lo Stato si tutelerebbe rispetto alle esposizioni che ha come garante, le imprese reggerebbero nei prossimi anni la sfida della ripartenza e del contemporaneo pagamento dei debiti contratti per sopravvivere nella fase di massima difficoltà e, alla fine del periodo di rimborso dei prestiti garantiti, avremmo uno Stato con meno deficit e debito di quello che altrimenti avrebbe e imprese più capitalizzate di quello che altrimenti sarebbero.

Alessandro Pescari

Fonte: Ratioquotidiano.it | 25.11.2020

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