Trasformazione digitale, purché non resti sulla carta

Tra le mille restrizioni, la pandemia ha comportato riflessioni a più livelli circa la necessità di superare paradigmi ormai sempre più inadeguati.

È sotto gli occhi di tutti che la carenza infrastrutturale del nostro Paese è causa di inefficienza se non di vera e propria perdita di opportunità. Ciò non per carenze tecnologiche, di know how, ma principalmente per il ritardo nell’approntare e utilizzare le tecnologie adeguate e per un digital divide che ci vede relegati agli ultimi posti nelle classifiche europee. Ebbene, ciò pone in evidenza quanto sia urgente rafforzare tutte quelle azioni in grado di colmare il ritardo accumulato in questi anni dalla P.A., dai cittadini e da tutte quelle imprese che non hanno investito a sufficienza in dotazioni ICT. Infatti, il D.L. 34/2019 (Decreto Crescita), all’art. 29, cc. 5-8, prevedeva misure per sostenere la trasformazione tecnologica e digitale dei processi produttivi delle micro, piccole e medie imprese verso le tecnologie abilitanti individuate nel piano Impresa 4.0 oppure verso soluzioni tecnologiche digitali di filiera. A distanza di oltre un anno dal citato provvedimento, è stato emanato il D.D. MISE 9.06.2020 che ne disciplina l’intervento.
Possono beneficiare delle agevolazioni le PMI che alla data di presentazione della domanda risultano iscritte come attive nel Registro delle Imprese, hanno conseguito (ultimo bilancio approvato e depositato) ricavi delle vendite e delle prestazioni pari almeno a 100.000 euro, dispongono di almeno 2 bilanci approvati e depositati al Registro delle Imprese e non sono sottoposte a procedura concorsuale, né si trovano in stato di fallimento, di liquidazione anche volontaria, di amministrazione controllata, di concordato preventivo o in qualsiasi altra situazione equivalente secondo la normativa vigente.
Le PMI in possesso di tali requisiti possono presentare progetti realizzati mediante il ricorso allo strumento del contratto di rete o ad altre forme contrattuali di collaborazione, compresi il consorzio e l’accordo di partenariato in cui figuri, come soggetto promotore capofila, un DIH (digital innovation hub) o un EDI (ecosistema digitale per l’innovazione), di cui al Piano nazionale Impresa 4.0. Le PMI, ai fini dell’accesso alle agevolazioni, devono operare in via prevalente/primaria nel settore manifatturiero e/o in quello dei servizi diretti alle imprese manifatturiere, nonché, al fine di accrescerne la competitività e in via sperimentale per gli anni 2019-2020, nel settore turistico per le imprese impegnate nella digitalizzazione della fruizione dei beni culturali, anche in un’ottica di maggiore accessibilità e in favore di soggetti disabili.
I progetti di spesa devono essere realizzati nell’ambito di un’unità produttiva dell’impresa proponente ubicata sul territorio nazionale; prevedere un importo di spesa non inferiore a 50.000 di euro e non superiore a 500.000 di euro; essere avviati successivamente alla presentazione della domanda di accesso alle agevolazioni; e prevedere una durata non superiore a 18 mesi dalla data del provvedimento di concessione delle agevolazioni, fermo restando la possibilità del Ministero di concedere, su richiesta motivata del beneficiario, una proroga del termine di ultimazione non superiore a 6 mesi.
Il finanziamento agevolato deve essere restituito dal beneficiario senza interessi a decorrere dalla data di erogazione dell’ultima quota a saldo delle agevolazioni, secondo un piano di ammortamento a rate semestrali costanti posticipate scadenti il 31.05 e il 30.11 di ogni anno, in un periodo della durata massima di 7 anni.
I progetti ammissibili godono di agevolazioni concesse “a sportello” sulla base di una percentuale nominale dei costi e delle spese ammissibili pari al 50%, articolata come segue: 10% sotto forma di contributo e 40% come finanziamento agevolato.

Alessandro Pescari

Fonte: Ratioquotidiano.it | 08.07.2020